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Elba Oggi Settimanale di attualità e cultura dell'Isola d'Elba
Direzione, Redazione e Amministrazione: info@elbaoggi.it
Registrazione Tribunale di Livorno n° 682 del 26 Febbraio 2001
Direttore Responsabile: Francesco Oriolo
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Lo chef Alvaro Claudi parla dei... sapori dell'Isola d'Elba
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Intervista di Roberto Adriani
Alvaro Claudi è uno Chef tra i più noti all’Isola d’Elba. Ci incontriamo nella sala da pranzo dell’Hotel Airone, di fronte a noi la magnifica vista del golfo di Portoferraio con la sua darsena medicea e le fortificazioni rinascimentali. Per fare una breve presentazione del nostro interlocutore…: Claudi nasce a Scarperia in provincia di Firenze, nel Mugello e, quasi per caso, nel 1970 inizia il suo cammino di chef lavorando nel mitico "Porcellino", allora ritrovo di famosi artisti. Nel 1979 si stabilisce all’Elba, dal 1981 invece fa parte della francese Commanderie du Cordon Bleu, autorevolissima associazione gastronomica internazionale. E' anche Presidente della Associazione Cuochi Elbani che a sua volta fa parte della Federazione Italiana Cuochi. Da tempo si dedica all’insegnamento nella scuola alberghiera. Dalla sua biografia apprendiamo poi che è anche Ufficiale del Corpo Militare della Croce Rossa, come responsabile del settore cucina emergenza e vettovagliamento.
Dunque Alvaro… vuoi dirci innanzitutto quali sono, secondo te, le caratteristiche più tipiche della cucina elbana?
Più che di una cucina elbana vera e propria – ci risponde- parlerei di un compendio di varie cucine importate da diverse parti d’Europa. Da sempre l’Elba ha conosciuto dominazioni e migrazioni di ogni tipo, finendo così per assimilarne anche le tradizioni gastronomiche, prova ne sia che le varie zone dell’isola presentano usanze culinarie diverse. Ad esempio a Porto Azzurro c’è una cucina marcatamente meridionale, derivante dalla dominazione del Regno di Napoli, mentre a Portoferraio possiamo trovare il bordatino, che è un piatto a base di farina gialla, portato all’Elba dalle popolazioni del centro Italia; nel campese infine troviamo una cucina più marinara.
Forse Portoferraio, il Comune elbano più importante, ha conosciuto più di altri questa mescolanza?
Molti sanno che Cosmopolis, come si chiamava l’antica Portoferraio, ricadeva sotto il governo di Firenze, retto dalla Signoria dei Medici. Ebbene, quando questa fu fondata, nel 1548, Cosimo I dé Medici incoraggiò in ogni modo il popolamento della nuova città. Ad esempio concesse a chi voleva stabilirvisi l’esenzione fiscale per dieci anni, inoltre assegnò gratuitamente dei terreni da coltivare, o ancora incoraggiò in vari modi l’apertura di attività commerciali, botteghe e così via. Per Portoferraio, essendo stata sin dalla sua nascita a contatto con le culture più diverse, era inevitabile che da queste assimilasse anche le tradizioni gastronomiche.
Guardando invece al futuro, pensi che la globalizzazione alla fine renderà anche i palati tutti uguali e desiderosi delle stesse cose?
Purtroppo questo rischio c’è, ma è pure vero che, per fortuna, esiste anche una parte organizzata dei consumatori che difende, e ci difende, dal pericolo di una globalizzazione portata avanti senza criterio e senza rispetto per le diversità. Un buon punto di equilibrio può essere ad esempio quello di fare in modo che anche all’interno dei grandi supermercati, della grande distribuzione, si possano trovare dei prodotti cosiddetti di nicchia, cioè tipici, in modo che ognuno sia libero di esprimere le proprie preferenze ed al tempo stesso evitare che certe tradizioni alimentari scompaiano.
Concludiamo con una riflessione sui giovani; secondo te le abitudini alimentari dei ragazzi sono sane?
Sicuramente c’è molto da educare, però ho riscontrato, specie nelle ultime generazioni, che i ragazzi sono ben disposti a lasciarsi educare. L’importante è non disorientarli, mi riferisco in particolare alla pubblicità che a tratti è decisamente eccessiva e che può essere diseducativa soprattutto per i più piccoli. Inoltre c’è da dire che oggi i ragazzi stanno... riscoprendo il gusto del ristorante, del sedersi e farsi servire. Manifestano interesse e competenza anche per i vini, come confermano le statistiche; questo è indubbiamente un segno molto positivo.
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