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Elba Oggi Settimanale di attualità e cultura dell'Isola d'Elba
Direzione, Redazione e Amministrazione: info@elbaoggi.it
Registrazione Tribunale di Livorno n° 682 del 26 Febbraio 2001
Direttore Responsabile: Francesco Oriolo
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Allarme inquinamento da idrocarburi nel mare di Montecristo
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Non c’è pace in questo periodo per i mari dell’Arcipelago toscano. C’è stato infatti un nuovo rischio di inquinamento marino in questa zona, guarda caso proprio nella settimana delle festività pasquali. Come dire: è vero, "si fa peccato" a pensar male, ma certe coincidenze sono strane. L’allarme stavolta (dopo quello della scorsa settimana nel mare antistante la costa sud occidentale elbana) è scattato per le acque che bagnano l’isola di Montecristo. Una grande macchia di sostanze petrolifere ha infatti sfiorato la riserva integrale dell’isola e il suo mare protetto. E non è tutto, il maltempo che ha caratterizzato la scorsa settimana ha ostacolato non poco l’opera di chi si prodigava per evitare il peggio. Un ennesimo inquietante e gravissimo segnale - è stato detto - di un pericolo quotidiano che corrono il Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano e il Santuario Internazionale dei Cetacei. Ancora una volta si deve probabilmente pensare al "lavaggio" in mare dei serbatoi di qualche petroliera in transito, pratica vitatissima, lo ricordiamo, che non esitiamo a definire criminale. Durissima in proposito la sezione Elbana di Legabiente: "Se le grande macchia di circa 4 miglia – scrive in una nota il Cigno verde - si fosse riversata sulle coste della intatta e disabitata Montecristo il mondo intero avrebbe dovuto piangere la perdita di un ecosistema marino integro ed ormai unico nell’intero Mediterraneo e l’Arcipelago Toscano avrebbe subito un durissimo colpo alla sua immagine turistica. Purtroppo questi sono rischi giornalieri che le nostre isole corrono per l’irresponsabilità di chi sacrifica l’ambiente per risparmiare qualche soldo lavando a mare i serbatoi del Petrolio." Legambiente (e con essa tutta la Comunità dell’Arcipelago) ringrazia la Capitaneria di Porto di Portoferraio, la Guardia di Finanza e i mezzi antinquinamento del Ministero dell’Ambiente per aver evitato il disastro con il loro pronto intervento, ricordando anche, però, come sia sempre più evidente la necessità che si prendano iniziative adeguate per impedire che questi "incidenti voluti" si ripetano. E gli ambientalisti suggeriscono anche cosa fare innanzitutto: estendere subito il decreto del Ministro dell’Ambiente per le petroliere a doppio scafo alle Aree Marine Protette ed in particolare all’intero Santuario Internazionale dei Cetacei, superando la contrarietà degli Armatori petroliferi che si oppongono e chiedono ulteriori rinvii. "E’ necessaria un’azione a livello di bacino – si legge ancora nel documento di Legambiente - per l’efficace applicazione delle misure dell’annesso I nella speciale area del Mediterraneo, che prevedono il divieto assoluto di scarico di idrocarburi in mare. L’Italia potrebbe e dovrebbe svolgere in questo senso quel ruolo di leadership che le deriva naturalmente oltre che dalla sua potenza economica anche dalla sua collocazione geopolitica. E’ fondamentale infatti un’azione comune – continua la nota - per la prevenzione e repressione degli sversamenti volontari in mare (il cosiddetto lavaggio delle cisterne), per l’adozione delle "reception facilities" e per prendere quelle misure che consentono di rendere economicamente conveniente lo scarico delle acque delle cisterne presso i depositi costieri e, al contrario, molto rischioso e svantaggioso il lavaggio in mare." Legambiente definisce anche "indispensabile supportare l’obbligo assicurativo anche per l’olio combustibile delle navi. Le convenzioni attualmente in vigore si applicano a cisterne da 2000 tonnellate di idrocarburi in su, e non tengono assolutamente conto del carburante, sia esso gasolio che bunker. Molte navi però, incluse le navi passeggeri o da crociera, trasportano molto di più di 2000 tonnellate di carburante, che fra l’altro è un materiale viscoso estremamente inquinante." Per finire il gruppo ambientalista propone di integrare in maniera più efficace il concetto di danno ambientale marino e la piena applicazione del principio che "chi inquina paga" a livello europeo ed internazionale, estendendo la responsabilità anche ad acquirenti e noleggiatori. "È necessario - aggiunge il Cigno verde - che gli obiettivi ambientali vengano integrati all’interno delle disposizioni sulla sicurezza in mare proposti dall’Unione Europea, che finora hanno mantenuto un’accezione prettamente trasportistica. E’ necessario insomma internazionalizzare i costi dell’inquinamento ambientale all’interno dell’intero sistema di produzione, estrazione, trasporto e consumo di idrocarburi. Perche le centinaia di Haven, Jessica, Erika ancora in circolazione non abbiano futuro sui mari del pianeta. Ricordiamo anche che, recentemente, è stata approvata in sede OMI una convenzione internazionale che estende l’obbligo assicurativo anche all’inquinamento dovuto a sversamenti di olio combustibile. Sarebbe il caso - conclude Legambiente - che l’Europa e l’Italia ratificassero ed integrassero al più presto questa convenzione, rilevante a livello di protezione ambientale, che prevede una responsabilità "in solido" per tutti coloro che gestiscono il viaggio della nave, dall’armatore, al noleggiatore, al trasportatore e così via. Sempre a questo proposito, sarebbe auspicabile che si adottasse anche a livello europeo (e quindi dalle flotte degli stati membri e di quelli che aspirano a diventare tali) misure analoghe a quelle prese da Francia e Italia per la limitazione alle sole navi in ballast del passaggio attraverso le Bocche di Bonifacio." |
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