Si potrebbero fare molte considerazioni all'ombra della breve esistenza del Club privè "Dolce vita": la cultura sostituita da spettacolini pruriginosi, il rapporto tra domanda e offerta degli stessi, i tanti motivi (noti) dei fruitori dei servizietti, le condizioni delle ragazze attrici, i loro perché, la loro provenienza, le loro libertà...
Risulterebbe probabilmente "bacchettona", oggi, qualsiasi considerazione etica. Oggi, che l'etica è prodotto raro sui banchi del genere umano. Atteniamoci perciò ai fatti. L'etica ognuno la gestisca per sé.
Dunque: la notte di lunedì 14 luglio, due carabinieri in borghese si sono presentati al Club privé, locale descritto come squallido, seppur aperto solo pochi giorni prima: sala praticamente al buio, arredo spoglio, il palo per la lap-dance malamente coperto con finto parquet, poltroncine disseminate nell'ampia sale e poi i separé, luogo 'intimo' per i primi approcci fra ragazze e avventori.
Pochi i clienti, otto per la precisione, tutti elbani, un operaio, tre imprenditori, un commerciante, un commesso, un geometra, un artigiano. I due carabinieri, supponiamo, avranno assistito allo spettacolino, quello che si vede in tutti i locali simili del mondo: ragazze con tutine trasparenti e perizoma minimi che ballano ammiccanti intorno a un palo.
Poi si saranno sentiti fare la classica offerta, dietro ai separé, pare 50 euro per pochi minuti con le ragazze. I militari hanno accettato l'invito e poco dopo sono stati raggiunti dai loro colleghi che hanno colto tutti di sorpesa e fatto anche scattare le manette per i proprietari del club.
E' finita così quindi, con l'accusa di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione e il sequestro del locale, la breve storia della "Dolce vita" e degli imprenditori Sandro Zelari, titolare del locale già quando esso era il Cinema Mola, 61 anni, originario di Roma ma residente sull'isola, e Pino Pagano, casertano di 51 anni, anche lui residente all'Elba, esperto nel settore, avendo alle spalle un precedente analogo, quello dell'Eclisse, locale di Rio Marina chiuso un paio di anni fa.
Soldi (ancora pochi ma le spese di avviamento non saranno state gravose, si suppone) ne sono circolati, l'arma ha trovato in cassa 30mila euro, ma l'attività scelta si è rivelata più breve e fallimentare del cinema.
Quale sarà stata, invece, la fine della decina di ragazze, la più giovane di 19 anni, la più anziana di 32, tutte provenienti da Paesi dell'Est e tutte con permesso di soggiorno in regola? Non c'è proprio scampo per loro: essere 'badanti' dei nostri vecchi o essere oggetto dei desideri dei nostri maschi insoddisfatti? Marina Bergamin |