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Elba Oggi Settimanale di attualità e cultura dell'Isola d'Elba
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Registrazione Tribunale di Livorno n° 682 del 26 Febbraio 2001
Direttore Responsabile: Francesco Oriolo
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Pesca in apnea: perché discriminarla?
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Ci scrive il direttore di Apnea magazine segnalandoci una ingiusta discriminazione verso i pescatori subacquei in apnea. In effetti è difficile dargli torto dato che i pescatori di superfice, nient'affatto discriminati, recano forse anche più danno e più disturbo. Basta rifletterci un momento: con il fucile non si può sparare ad una preda troppo piccola...
Gentile redazione,
la categoria dei pescatori sportivi in apnea è veramente stanca di essere discriminata ed accusata di ogni male del mare. Proprio l'Isola d'Elba ha dato i natali al più grande campione di pesca in apnea di tutti i tempi, Renzo Mazzarri. Provate a chiedere a lui cosa sia la pesca in apnea praticata dalle migliaia di appassionati rispettosi della legge.
Come appassionato di apnea e pesca in apnea e persona che scrive sulle riviste specializzate, ci tengo a far sentire la nostra campana. Paragonare l'impatto della pesca sportiva in apnea alla pesca professionale a strascico significa ignorare completamente i fatti.
Punire i cittadini rispettosi della legge per colpire i pescatori di frodo poi, è un controsenso. Chi non rispetta le norme oggi non lo farà neanche domani (spesso si sente dire: i pescatori subacquei con le bombole, i pescatori subacquei notturni, i pescatori subacquei che fanno stragi e vendono il pesce... Quelli non sono pescatori subacquei, sono bracconieri, che la nostra categoria stigmatizza e denuncia!
Noi divulghiamo le normative esortando tutti al loro rispetto (vedi http://www.apneamagazine.com/normativa.html). Il pescatore in apnea può catturare le stesse prede dei pescatori di superficie, con l'esclusione di crostacei e molluschi non cefalopodi.
Può catturare una sola cernia al giorno (l'esclusione della cernia dalle competizioni di pesca in apnea la dice lunga sulla nostra sensibilità verso i problemi del depauperamento delle risorse ittiche) ed è soggetto a restrizioni punite molto severamente con sanzioni da 516 a 3098 euro (500 metri di distanza dalle spiagge frequentate dai bagnanti, divieto di pesca notturna, obbligo di segnalarsi con bandiera visibile a 300 metri etc etc etc).
Per concludere, forse agli Albergatori dell'Elba non interessa sapere che i pescatori in apnea sono diverse decine di migliaia. Il nostro sito totalizza circa 45.000 accessi mensili da parte di quasi 30.000 apneisti e pescatori, persone che saranno costrette a disertare l'Elba, da sempre meta degli appassionati di questa disciplina. Un vero peccato che sia proprio la casa di Renzo Mazzarri a rinnegare la disciplina che lo ha visto tre volte campione del mondo.
Vi propongo, questo mio articolo, con la speranza che possa offrire spunti di riflessione, magari anche a quelle persone che spacciano il divieto di pesca in apnea come una panacea per i mali del mare.
PESCA IN APNEA, DISCIPLINA INCOMPRESA
La pesca in apnea è sicuramente una disciplina incompresa. Forse la colpa della sua scarsa popolarità deriva dalla scomoda eredità lasciata al pescatore apneista moderno dalle generazioni di fucilieri con bombole in spalla. Forse dipende dal fatto che il conto per le scorribande irresponsabili di pochi pirati del mare alla fine è stato presentato alla categoria sbagliata... o forse è l'immagine stessa della cattura di un pesce con il fucile che ci attira le antipatie di alcuni animi sensibili, che però, a ben vedere, non restano turbati dalla visione quotidiana di animali fatti a pezzi ed esposti sui banchi del supermercato.
In ogni caso, con il passare del tempo l'atteggiamento delle istituzioni nei confronti di questa nobile disciplina è sempre più di sostanziale condanna. Uno sguardo ai decreti istitutivi delle Aree Marine Protette degli ultimi anni non lascia alcun dubbio: a differenza di altre forme di pesca sportiva, la pesca in apnea è sempre più spesso esclusa dalla zona C già a livello di decreto istitutivo, ossia di Ministero.
Questo fatto sembra implicare un'anticipazione del giudizio di (in)compatibilità di questa forma di pesca con le esigenze di tutela dell'ambiente: mentre in alcune AMP di istituzione meno recente questo giudizio veniva affidato all'Ente Gestore, evidentemente in grado di valutare in modo più approfondito le esigenze particolari dell'area marina, negli ultimi tempi la pesca in apnea viene tagliata fuori "ab origine", direttamente con il decreto istitutivo.
Onestamente, viene da chiedersi su quali motivazioni e su quale documentazione scientifica si basi questa anticipazione del giudizio. Dato che la pesca in apnea è una forma di pesca sportiva soggetta agli stessi limiti di cattura previsti per la pesca di superficie (art 142 DPR 1639/68), questa discriminazione non può evidentemente dipendere da un problema di pressione di pesca o di "minaccia" dello stock ittico.
Anche il richiamo alle "specie obiettivo" non ha alcun senso: al contrario delle altre forme di pesca sportiva, la pesca in apnea si svolge con una sequenza "individuazione della preda e tentativo di cattura" che rende possibile una regolamentazione anche molto particolareggiata.
Ma proibire non è regolamentare. Proibire significa punire, privare dei liberi cittadini del diritto di fruizione di tratti di costa per motivi di difficile comprensione. Le domande che mi pongo sono quelle di tanti altri appassionati: perché lo Stato ritiene di dover penalizzare la pesca in apnea in modo così severo?
Nel Libro Bianco predisposto dalla Fipsas, il dottor Antonio Terlizzi (ricercatore presso il Laboratorio di Biologia Marina del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Biologiche ed Ambientali dell'Università di Lecce e coinvolto nel progetto di ricerca ministeriale Afrodite gestito dall'Icram (Istituto per la Ricerca Scientifica Applicata al Mare) chiarisce i contorni di questa scelta.
L'esclusione della pesca in apnea sembrerebbe riconducibile al così detto "principio di precauzione", in base al quale, in assenza di prove scientifiche, si proibisce comunque un'attività anche solo potenzialmente dannosa, in attesa di una prova contraria. Ma dopo aver rilevato che anche per le altre forme di pesca sportiva ammesse in zona C manca una documentazione scientifica in grado di escluderne la dannosità, il dott. Terlizzi conclude che l'esclusione della pesca in apnea debba essere considerata frutto, né più né meno, di un pregiudizio.
Il senso di frustrazione, privazione e sconfitta che assale il pescatore in apnea ogni volta che un'ulteriore fetta di mare gli viene interdetta è difficile da raccontare. E' comprensibile che la massa di appassionati inizi a chiedersi come tutto questo possa accadere e che la frustrazione si traduca in voglia di riscatto.
Dr. Giorgio Volpe
Responsabile www.apneamagazine.com
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