Cinghiali: il Ministro è male informato
Legambiente Arcipelago Toscano torna sulla spinosa questione riguardante il modo di fronteggiare l'indiscriminato proliferare dei cinghiali all'Elba. Prende spunto da una interrogazione parlamentare, al Ministro dell'Ambiente, presentata da Ermete Realacci sulla tecnica della 'braccata' usata nel Parco dell'Arcipelago Toscano per ridurre il numero di questi ungulati. Nella sua risposta Matteoli sembra non essere al corrente del fatto che questa tecnica è stata ampiamente usata all'ElbaLegambiente Arcipelago Toscano prende "in castagna" il Ministro dell'Ambiente Altero Matteoli (An), accusato dall'Associazione ambientalista di essere almeno 'informato male' sulle tecniche messe in atto dal Parco dell'Arcipelago toscano, ancor oggi gestito dal due volte Commissario straordinario Ruggero Barbetti (anche lui con la tessera di An), per il controllo della prolifica specie di cinghiali presenti in numero spropositato (si parla di duemila, duemilacinquecento capi) nei boschi elbani. Insomma, delle due l'una: o Matteoli non sa, o Barbetti non sa!
Risulta infatti che, ad una interrogazione dell'On. Realacci circa l'utilizzo della 'tecnica della braccata' autorizzata dal Parco per l'abbattimento di un certo numero di capi di cinghiali, il Ministro abbia risposto che non è vero, che a lui risulta "che l'ente, nelle diverse campagne di prelievo ha utilizzato tecniche differenti, dagli abbattimenti mediante braccata tradizionale, peraltro mai autorizzata e non previste dall'Istituto Nazionale della Fauna Selvatica e, più volte, oggetto di parere sfavorevole da parte della direzione competente del ministero dell'ambiente."
Tale parere, peraltro, sarebbe stato trasmesso agli enti parco che intendono effettuare il controllo del cinghiale con mute di cani. Allora perché il nostro Parco si ostina ad adottare questa tecnica, definita da Legambiente, invasiva, dispendiosa e crudele?
Come è noto a tutti gli elbani - sostiene Legambiente - è dal 1997 che l'Ente Parco, infischiandosene dei pareri sfavorevoli dell'Istituto Nazionale della Fauna Selvatica e del Ministero dell'Ambiente, oltre che di Legambiente e degli agricoltori elbani, autorizza sistematicamente le braccate e che fino a gennaio più di 350 cacciatori hanno partecipato a numerose braccate nel Parco Nazionale dell'Arcipelago Toscano senza i vincoli di un preciso piano di prelievo, sconfinando spesso in aree esterne al Parco in giornate di silenzio venatorio ed in vicinanza di abitazioni e strade, senza limiti di cani a seguito e senza controllo diretto e di verifica dei capi abbattuti da parte del Corpo Forestale dello Stato.
Sembra un far west! La braccata, continua Legambiente, oltre ad essere una tecnica di caccia rigidamente esclusa dal Ministero dell'Ambiente, a causa dei gravi danni che arreca alla piccola fauna ed alla flora, all'Isola d'Elba è risultata, dopo molti anni di "sperimentazione non autorizzata", del tutto inefficiente; non sono mai state raggiunte le quote previste (nell'ultima stagione venatoria non sono stati abbattuti nemmeno la metà dei capi previsti).
Motivo? Le squadre di caccia al cinghiale elbane, sostiene Legambiente, non avrebbero alcuna intenzione di ridurre la popolazione di suidi, per poter così continuare a cacciare all'infinito dentro l'Area Protetta. Proprio per questo, Legambiente e WWF hanno proposto ricorso al T.A.R. contro la Delibera del Parco Nazionale che autorizza nuovamente le braccate nel Parco.
Altra questione e altre affermazioni infondate: secondo il Ministro Matteoli "la scelta degli interventi di prelievo, dettata dal contesto normativo sulle aree protette e dall'urgenza di effettuare prelievi immediati, è stata orientata verso la diversificazione, con la sperimentazione di tecniche mai utilizzate all'isola d'Elba. Abbattimenti di urgenza con operatori afferenti alle componenti venatorie locali, abbattimenti all'"aspetto" ed alla "cerca" con personale istituzionale, catture mediante trappole, costituiscono le tipologie di prelievo adottate".
Secondo Legambiente, invece, é dall'estate 2002 che non vengono effettuati nel Parco abbattimenti mediante personale istituzionale; inoltre, i vari Commissari del Parco non sono ancora riusciti ad avviare le procedure per la catture degli ungulati.
Vi sarebbero quindi altre tecniche, altamente efficienti, utili a risolvere in poco tempo l'emergenza cinghiali all'Elba, giungendo addirittura a quell'eradicazione che molti esperti ritengono realizzabile e necessaria e che l'On. Tortoli ed il Ministro Matteoli ritengono invece "non tecnicamente realizzabile. Per assecondare le aspettative dei cacciatori, sentenzia Legambiente, l'Ente Parco non ha ritenuto utile né perseguire tale obiettivo, né tener conto dei pareri sfavorevoli del Ministero riguardanti la braccata. Qualcuno dovrebbe finalmente avvisare il Ministro Matteoli ed il Sottosegretario Tortoli!"
(M. B.)